7 Marzo 1991. La migrazione albanese ad Asti: un esempio di integrazione

Il nostro percorso comincia il 7 luglio 2017 presso il Polo Universitario di Asti.

Un luogo simbolico per presentare il progetto incentrato a fare dialogare memoria e presente e una rete per costruire e realizzare le azioni di progetto. Qui vennero infatti accolti nel ’91 gli albanesi. Dove oggi c’è l’Università, ieri c’era un centro di accoglienza.

Qui abbiamo presentato per la prima volta il progetto 7 marzo ’91.

Si è partiti dal presupposto che oggi non c’è quasi più stupore nel leggere la notizia di uno sbarco di migranti sulle coste siciliane. Il fenomeno migratorio è uno dei più emblematici della contemporaneità che non a caso è stata definita «The Age of migration». Sono proprio i migranti a incarnare nel modo più pieno e drammatico tutta la complessità e le contraddizioni del mondo contemporaneo.

Memoria. Non era così nel 1991 quando l’Italia diventò improvvisamente terra di immigrazione, dopo essere stata per lungo tempo patria di emigranti. Il 7 marzo 1991, con i primi sbarchi a Brindisi, l’Italia scoprì di essere una terra promessa per le popolazioni balcaniche e in particolare degli albanesi, uno di quei paesi andati in frantumi dopo la caduta del muro. L’Italia era impreparata, l’accoglienza fu improvvisata e furono smistati sul territorio italiano.

A maggio, ad Asti, si registrarono più di 600 arrivi. Da quella prima imponente ondata che diede agli astigiani l’impressione di una vera e propria invasione, sono passati più di 25 anni.

Asti nel 2017 è profondamente diversa da quella che era nel 1991. È una città dove, dicono i dati, le imprese straniere sono in costante crescita, dove gli imprenditori extracomunitari sono in maggioranza albanesi.

Presente. Oggi gli albanesi sono diventati cittadini italiani e astigiani, eppure all’inizio sono stati i più stigmatizzati dal pregiudizio etnico. Un processo di integrazione che per molti aspetti può dirsi riuscito ma come? In quali forme? Con quali difficoltà? Con quali tempi? Il progetto 7 marzo 1991 punta a rivedere questa migrazione alla luce di quelle che coinvolgono i migranti di oggi provenienti dall’Africa e dalle zone di guerra e a fare dialogare passato e presente mettendo in relazione nuovi cittadini, nuove generazioni, detenuti e la cittadinanza tutta, in esperienze di convivenza e conoscenza reciproca. Si tratta di un percorso che ha avuto l’ambizione di informare e insieme rintracciare le buone pratiche che dal passato possono offrirci suggerimenti per affrontare l’oggi e magari essere replicate.

Cinque attività diverse e complementari ideate dalla Fondazione Giovanni Goria con la collaborazione della Fondazione Vera Nocentini di Torino, il Centro di Cultura Albanese, il Piam (Progetto Integrazione Accoglienza Migranti), Libera e il Consorzio Coala.

Una rete di soggetti che riassume tutti gli aspetti che sono stati presi in considerazione in questo percorso.

Un progetto che si è proposto come ponte tra memoria e presente, tra individui, tra comunità, tra città con una lunga serie di azioni diverse tra loro ma complementari. 5 attività cross-disciplinari, che avevamo riassunto così:

E lavorando sul progetto le idee e le azioni si sono moltiplicate.

LA REAZIONE DEI PUBBLICI COINVOLTI: Una grande partecipazione, prima di tutto. Abbiamo potuto rilevare il modificarsi dei punti di vista delle persone coinvolte. Lo stereotipo sugli albanesi è sì oggi più silente, ma non certo scomparso. Nel pubblico astigiano che si è fidelizzato alla nostra proposta di approfondimento, seguendo più di due appuntamenti, abbiamo potuto rilevare che la maggiore conoscenza della storia della migrazione albanese, unita a un approfondimento sulla filmografia albanese grazie ai film dei due registi coinvolti, hanno prodotto un interessamento alla cultura albanese in generale. Ci fa dire ciò su questo dato qualitativo la richiesta al termine degli eventi di quando si sarebbero svolti gli altri. Abbiamo assistito spesso a momenti di commozione collettiva, (noi compresi) perché lasciare un paese e ricominciare da zero non è mai facile e per un coinvolgimento empatico, il pubblico di volta in volta l’ha capito davvero. Il risultato di questo progetto è stato in termini quantitativi e qualitativi davvero inaspettato. Se nella progettazione pensavamo che ci fosse da dire e che fosse necessario ricostruire una storia per potere leggere le storie che coinvolgono i migranti di oggi, non credevamo ci fosse questo bisogno profondo della comunità albanese astigiana di raccontarsi.

LA REAZIONE DELLA COMUNITA’ ALBANESE DI ASTI: in un primo tempo abbiamo riscontrato diffidenza. Erano evidenti i loro dubbi. Chi racconterà la nostra storia agli altri? Come lo farà? Queste diffidenze si sono decisamente attenuate dopo il primo incontro, in cui hanno potuto conoscere lo staff del progetto e gli esperti come il prof. Francesco Vietti, che abbiamo coinvolto in due appuntamenti e nella realizzazione del volume. Importante è stato portare ad Asti Roland Sejko, regista di fama internazionale, riconosciuto dalla comunità albanese come un grande orgoglio nazionale. Sejko è stato anche un aiuto fondamentale per la realizzazione del nostro documentario, prodotto che insieme al libro vuole essere traccia che resta di questo progetto. Due restituzioni per la storia di quel momento sul panorama nazionale con un focus particolare sulla città di Asti. Un viaggio che comincia dalla storia nazionale e arriva a raccontare l’impatto di quella migrazione sulla città di Asti. Accompagnano questo viaggio, le voci dei protagonisti e di chi si trovò a gestire l’emergenza, a livello nazionale e locale. Nel 1991, per la prima volta nella storia italiana, venne designato un Ministro per l’Immigrazione, l’On Margherita Boniver che insieme all’On. Vincenzo Scotti, Ministro dell’Interno, ricostruisce lo stupore di quei giorni e le azioni di Governo. Con loro il Sindaco di Asti nel 1991, Giorgio Galvagno, il musicista Leonard Plumbini, la mediatrice culturale Sabina Darova e molti altri protagonisti. Le riprese del documentario 7 marzo ’91 hanno coinvolto molti testimoni albanesi e questa attenzione alla loro storia, ci ha permesso di entrare nella loro comunità. Siamo stati invitati a pranzi in famiglia e alla festa della bandiera che a novembre coinvolge centinaia di persone ad Asti. Questo ha fatto sì che la comunità partecipasse sempre più numerosa a ciò che proponevamo loro.

A dicembre 2018, con sorpresa, il documentario “7 marzo ’91, vince il premio Asti è cultura”.
Le dimostrazioni di gioia della comunità albanese sono state tante. È come se alla fine questo percorso composito e ricco, durato due anni, abbia davvero restituito qualcosa a tutti. Nessuno escluso.

L’ATTENZIONE DELLA STAMPA: abbiamo potuto rilevare con piacere l’attenzione che tutti i media locali hanno dedicato al progetto in ogni sua azione, dando spazio ai nostri appuntamenti prima e a resoconti approfonditi a evento concluso. Questo sostegno mediatico è stato fondamentale per potere raggiungere i destinatari che ci eravamo prefissati.

Da che paese partivano? E dove sono oggi, 20 anni dopo? Queste sono alcune delle domande alle quali cerca di dare risposta il film documentario Anija – La nave (Istituto Luce, 2012) del regista albanese Roland Sejko. A differenza di altri documentari che si sono occupati del tema concentrandosi sull’approdo nei porti italiani, questo si focalizza soprattutto sulla partenza delle navi, cercando di approfondire le ragioni della fuga, e raccontando per la prima volta “l’arrembaggio” delle imbarcazioni. Materiali assolutamente inediti, foto e filmati di repertorio documentano inoltre gli anni oppressivi del regime comunista finito come gli altri dell’Europa orientale dopo la caduta del muro di Berlino.

PUBBLICAZIONE DEL VOLUME: 7 MARZO ’91 LA MIGRAZIONE ALBANESE IN ITALIA. IL CASO DELLA CITTÀ DI ASTI. A cura di Francesco Vietti, edito da Fondazione Giovanni Goria

Distribuita gratuitamente alle scuole secondarie superiori della città di Asti.

 

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